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Tacito
De oratoria,36
 
originale
 
[36] . . . rem cogitant; nihil humile, nihil abiectum eloqui poterat. Magna eloquentia, sicut flamma, materia alitur et motibus excitatur et urendo clarescit. Eadem ratio in nostra quoque civitate antiquorum eloquentiam provexit. Nam etsi horum quoque temporum oratores ea consecuti sunt, quae composita et quieta et beata re publica tribui fas erat, tamen illa perturbatione ac licentia plura sibi adsequi videbantur, cum mixtis omnibus et moderatore uno carentibus tantum quisque orator saperet, quantum erranti populo persuaderi poterat. Hinc leges assiduae et populare nomen, hinc contiones magistratuum paene pernoctantium in rostris, hinc accusationes potentium reorum et adsignatae etiam domibus inimicitiae, hinc procerum factiones et assidua senatus adversus plebem certamina. Quae singula etsi distrahebant rem publicam, exercebant tamen illorum temporum eloquentiam et magnis cumulare praemiis videbantur, quia quanto quisque plus dicendo poterat, tanto facilius honores adsequebatur, tanto magis in ipsis honoribus collegas suos anteibat, tanto plus apud principes gratiae, plus auctoritatis apud patres, plus notitiae ac nominis apud plebem parabat. Hi clientelis etiam exterarum nationum redundabant, hos ituri in provincias magistratus reverebantur, hos reversi colebant, hos et praeturae et consulatus vocare ultro videbantur, hi ne privati quidem sine potestate erant, cum et populum et senatum consilio et auctoritate regerent. Quin immo sibi ipsi persuaserant neminem sine eloquentia aut adsequi posse in civitate aut tueri conspicuum et eminentem locum. Nec mirum, cum etiam inviti ad populum producerentur, cum parum esset in senatu breviter censere, nisi qui ingenio et eloquentia sententiam suam tueretur, cum in aliquam invidiam aut crimen vocati sua voce respondendum haberent, cum testimonia quoque in publicis [iudiciis] non absentes nec per tabellam dare, sed coram et praesentes dicere cogerentur. Ita ad summa eloquentiae praemia magna etiam necessitas accedebat, et quo modo disertum haberi pulchrum et gloriosum, sic contra mutum et elinguem videri deforme habebatur.
 
traduzione
 
36. *** ?meditare sul soggetto, nulla di basso o di meschino poteva dire. La grande eloquenza ? come la fiamma: ha bisogno di legna che la alimenti, di movimento che la ravvivi, e allora brilla mentre brucia. Anche nella nostra citt? l'eloquenza dei nostri padri ha trovato il suo sviluppo nelle stesse circostanze. Infatti, bench? certi oratori contemporanei siano riusciti a ottenere i successi che ? lecito attendersi in uno stato bene ordinato, in pace e in prosperit?, tuttavia ai loro predecessori, in quei giorni di caotico disordine, pareva di poter raggiungere mete pi? alte, quando, nella fluidit? della situazione generale e nell'assenza di un'unica guida, ciascun oratore trovava la misura della sua forza nella capacit? di influire sul popolo disorientato. Da qui proposte di legge ininterrotte e il peso esercitato dal popolo; da qui le arringhe dei magistrati che quasi passavano la notte sui rostri; da qui la messa in stato d'accusa di personaggi potenti e le inimicizie coinvolgenti intere famiglie; da qui la pratica faziosa della nobilt? e i continui attacchi del senato contro la plebe. Tutti questi comportamenti dilaniavano lo stato, ma costituivano uno sprone per l'eloquenza di quel tempo e la facevano apparire come la destinataria di un cumulo di vistose ricompense, perch? quanto pi? uno si affermava con la parola, tanto pi? facilmente conseguiva alte cariche e superava in esse i propri colleghi, tanto pi? favore godeva presso i potenti e tanta pi? autorit? nel senato, e tanto pi? si assicurava notoriet? e fama agli occhi della plebe. Costoro contavano tra i loro numerosi clienti anche nazioni straniere; li ossequiavano i magistrati in partenza per le province e al ritorno rendevano loro omaggio; sembrava che preture e consolati si offrissero spontaneamente a loro; e neppure da semplici cittadini erano senza potere, perch? avevano un'influenza decisiva sul popolo e sul senato coi loro consigli e con la loro autorit?. Anzi, ci si era convinti che nessuno senza l'eloquenza potesse ottenere o conservare una posizione vistosa ed elevata nello stato. N? ci? deve sorprendere, perch? ci si trovava ad apparire in pubblico anche contro voglia, poich? motivare in modo succinto una propria risoluzione non era sufficiente, a meno che non si facesse valere il proprio parere con impegno ed eloquenza, perch? la persona che in qualche modo incorreva nell'odio o subiva un'accusa doveva rispondere direttamente, perch? anche le testimonianze nei processi politici si era costretti a darle non da lontano o attraverso uno scritto, ma personalmente e davanti al tribunale. Cos? alle grandi ricompense dell'eloquenza si aggiungeva anche il fatto che essa era necessaria. E come era bello e glorioso avere la reputazione di saper parlare, cos? per converso suscitava discredito apparire muto e senza lingua.?
 

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